giovedì 28 novembre 2013

grandioso come dio

Un padre ricco, volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero, gli fece passare una giornata con una famiglia di contadini Il bambino passò 3 giorni e 3 notti nei campi. Di ritorno in città, ancora in macchina, il padre gli chiese: - Che mi dici della tua esperienza ? - Bene – rispose il bambino.... Hai appreso qualcosa ? Insistette il padre 1 – Che abbiamo un cane e loro ne hanno quattro. 2 – Che abbiamo una piscina con acqua trattata, che arriva in fondo al giardino. Loro hanno un fiume, con acqua cristallina, pesci e altre belle cose. 3- Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino ma loro hanno le stelle e la luna per illuminarli. 4 – Che il nostro giardino arriva fino al muro. Il loro, fino all’orizzonte. 5 – Che noi compriamo il nostro cibo; loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano. 6 – Che noi ascoltiamo CD... Loro ascoltano una sinfonia continua di pappagalli, grilli e altri animali... ...tutto ciò, qualche volta accompagnato dal canto di un vicino che lavora la terra. 7 – Che noi utilizziamo il microonde. Ciò che cucinano loro, ha il sapore del fuoco lento 8 – Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme... Loro vivono con le porte aperte, protetti dall’amicizia dei loro vicini. 9 – Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione. Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro ombre e alle loro famiglie. Il padre rimane molto impressionato dai sentimenti del figlio. Alla fine il figlio conclude - Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri ! Ogni giorno, diventiamo sempre più poveri perché non osserviamo più la natura, che è l’opera grandiosa di Dio

sabato 23 novembre 2013

IL BUON SENSO DELLA VITA

IL BUON SENSO DELLA VITA..
Solo una piccola percentuale di persone si occupa di migliorare la propria vita usando un minimo di buon senso.
Credo sia questo il vero disastro. La crisi economica in confronto fa ridere. Anzi, la causa della crisi, di tutte le crisi, ha origine nell’atteggiamento individuale di milioni di persone che pur rendendosi conto che vivono male fanno poco o niente per regalarsi un po’ di buona qualità.
È una sorta di ipnosi collettiva.
Milioni di italiani soffrono di mal di piedi.
Ora non credo che ci voglia un genio per capire che se la punta del piede è più larga del tallone non è sensato mettersi scarpe che hanno la punta stretta. E queste scarpe “a papera” sono sul mercato da almeno 30 anni.
Ma molti si guardano i piedi, deformati e pieni di calli e non riescono a collegare questa loro orribile sofferenza con il tipo di scarpe che indossano.
Molti poi sanno benissimo che esistono scarpe con la punta larga, ma si vergognano a indossarle, perché la moda dominante è a punta stretta.
Ci sono milioni di persone che soffrono di mal di schiena e non si sono mai fatti fare un massaggio. È un’idea fuori dal loro campo visivo. Molti hanno anche sentito parlare di corsi di antiginnastica, ginnastica isometrica, yoga, che danno gran sollievo a chi soffre questi dolori. Ma non gli viene di frequentarli. Loro pigliano gli antidolorifici e poi gli si ammala il fegato.
Ci sono milioni di persone che hanno gravi problemi sessuali ma non hanno mai letto un manuale di educazione sessuale. Loro sanno già tutto.
Mi ricordo di un ragazzo, vestito perfettamente alla moda, tutto firmato, che camminava buttando i piedi di qua e di là in modo goffo. Gli ho detto: “Perché non cerchi di camminare in modo più armonico e naturale?”
Lui mi ha risposto: “Io sono così!”
E sei pure un coglione.
C’è gente che spende decine di migliaia di euro per un matrimonio e poi fa sesso in 10 minuti… Non si godono niente.
E ci sono persone che spendono una fortuna perché non vogliono che i figli piccoli indossino vestiti usati, e ogni quattro mesi devono ricomprare tutto… E poi non hanno tempo per giocare con i piccoli… Devono lavorare di più per comprare le camiciole.
Potrei andare avanti a lungo a elencare miglioramenti semplici e istantanei…
Vedo molte persone che sono bravissime a sognare (il che già è una cosa positiva). Le incontro nei laboratori creativi che facciamo ad Alcatraz e vedo una fantasia eccezionale, una capacità di immergersi nel lavoro formidabile. In pochi giorni riesci a mettere insieme gigabyte di idee, dipinti, foto, video, testi, piani d’azione.
Ma un gruppo parte con 50 persone e dopo un paio di mesi ci si trova in 5.
Il che comunque è già un grande risultato, perché le persone che reggono nel tempo sono anche straordinarie e lavorarci insieme è una soddisfazione, nascono amicizie, scambi di esperienze… Io amo scrivere in solitudine, ma quando si lavora in gruppo è una cosa esplosiva, una continua provocazione a cambiare modalità di pensiero per cogliere le fascinazioni che gli altri ti regalano.
Però, mi chiedo, che fanno quelli che spariscono?
Magari lasciano perché trovano qualche cosa di meglio da fare… Ma so per certo che parecchi lasciano e basta.
Perché?
Domanda da 20 milioni di dollari.
Chi riuscisse a rispondere farebbe i miliardi.
E visto che vorrei arricchirmi in modo sibaritico, e sono scarsamente provvisto del senso dei miei limiti, vorrei aprire una discussione su questo tema… Provo a raccontare un inizio di ragionamento…
L’idea per questo articolo mi è partita, tipo embolo, alcuni giorni fa mentre guardavo un film. Mi sono reso conto che quella storia girava intorno al rimpianto. Lui e lei si amano ma poi si lasciano e si rincontrano dopo decenni e ancora si amano e rimpiangono le possibilità perdute.
Mi sono reso conto che questo è il filo conduttore di migliaia di film. Ed è anche l’anima nera nascosta dentro tutti i personaggi duri e crudi della letteratura. Uomini che hanno una spada invisibile piantata nel cuore. Un rimpianto, un rimorso, un buco nel loro passato. E questo rimpianto li segna, dà loro spessore e li rende affascinanti e coinvolgenti. Gli spettatori si identificano perché anche loro vivono di rimpianti.
Un mito fondante della nostra cultura è questo dolore del rimpianto che santifica e diventa la nostra identità profonda. Un dolore che culliamo e che usiamo come anestetico per non sentire la vertigine di fronte all’insicurezza della vita. La paura dello sconosciuto…
Io odio i rimpianti e amo gli esperimenti…
Gabriella mi ha raccontato una storia del suo amico, grande rapper nero. Una donna gli scrive: “Sto morendo, ho un mese di vita, non ho più nessuno al mondo, tu sei l’unica luce in queste giornate terribili.”
Lui si commuove, prende un aereo e va da lei in ospedale e le dice: “Vieni con me, facciamo un tour, abbiamo già un medico con noi, per via di un musicista molto malato…”
E lei gli risponde: “Non posso venire con te, sarebbe troppo pericoloso.” E così preferisce restare lì, sola col suo dolore certo e perimetrato, coltivato, piuttosto che buttarsi nell’avventura della vita.
Queste persone avrebbero forse bisogno di fede…
Fede, fiducia, autostima.
Ma sostanzialmente si tratta di fede. Non nel senso religioso. Una fede nel fatto che la vita abbia un senso e che tu abbia la possibilità e il diritto di vivere alla grande o quantomeno di provarci, che poi è lo stesso.
Perché quando sogni una cosa è un po’ come viverla. Il nostro cervello distingue poco tra realtà e fantasia. Il sogno lo vivi comunque.
Jacopo Fo

giovedì 21 novembre 2013

amico vero

AMICO VERO
Una sera ho ricevuto una telefonata da un caro amico.
Mi ha fatto molto piacere la sua telefonata e la prima cosa che mi ha chiesto è stata: “Come stai?” Non so perché gli ho risposto: “Mi sento molto solo”
“Vuoi che parliamo?” Mi disse.
Gli ho risposto di si, e mi ha subito detto: “Vuoi che venga a casa tua?”
Io ho risposto di si. Depose la cornetta del telefono e in me...no di 15 minuti, lui stava già bussando alla mia porta. E così io gli ho parlato per molte ore di tutto, del mio lavoro, della mia famiglia, della mia fidanzata, dei miei dubbi e lui sempre attento mi ascoltava.
E così si è fatto giorno, mi sentivo rilassato mentalmente, mi ha fatto bene la sua compagnia, soprattutto il suo ascolto, mi sono sentito sostenuto e mi ha fatto vedere i miei sbagli. Mi sentivo molto bene e quando lui si è accorto che mi sentivo meglio, mi ha detto: “Bene, ora me ne vado, perché devo andare al lavoro” Io mi sono sorpreso e gli ho detto: “Perché non mi hai avvisato che dovevi andare al lavoro? Guarda che ora è, non hai dormito niente, ti ho tolto tutto il tempo questa notte” Lui ha sorriso e mi disse: “Non c’è problema, per questo ci sono gli amici!” Mi sono sentito molto felice e orgoglioso di avere un amico così.
L’ho accompagnato alla porta di casa e mentre lui camminava verso l’auto gli ho gridato da lontano: “Ora è tutto a posto, ma perché mi hai telefonato ieri sera così tardi?” Lui ritornò verso di me e mi disse a voce bassa che desiderava darmi una notizia, ed io gli ho chiesto: “Cos’è successo?” Mi rispose: “Sono andato dal dottore che mi ha detto di essere molto malato” Io rimasi muto …. ma lui mi sorrise e mi disse: “ Ne riparleremo, ti auguro una bella giornata”
Si è girato e se ne è andato. Mi è servito un po’ di tempo per rendermi conto della situazione e mi sono chiesto più volte: perché quando lui mi ha chiesto come stavo, io mi sono dimenticato di lui ed ho solo parlato di me? Come ha avuto la forza di sorridermi, di incoraggiarmi, di dirmi tutto quello che mi ha detto, stando in quella situazione? Questo è incredibile!
…. Da quel momento la mia vita è cambiata.
Ora sono meno drammatico con i miei problemi e godo di più per le cose belle della vita. Adesso dedico il giusto tempo alle persone a cui voglio bene …. Auguro loro che abbiano una bella giornata e ricordino che: “ Colui che non vive per servire … non serve per vivere …”
La vita è come una scala, se tu guardi in alto, sarai sempre l’ultimo della fila, ma se tu guardi in basso, vedrai che ci sono molte persone che desidererebbero essere al tuo posto.
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